mercoledì 19 dicembre 2007

Mythèon, episodio 3

Il terzo capitolo di Mythèon completa il miniciclo introduttivo della saga, gettando le basi per la trama principale che comincerà nel quarto episodio e decollerà definitivamente nel quinto. Da notare, nella prima e nella quarta tavola, altri accenni di retini, che poi abbandonerò definitivamente a favore del tratteggio. Dietro la vignettona di pag. 8 (così come in alcune vignette delle pagine precedenti e nell'utilizzo di ardite inquadrature in prospettiva) si intravedono le mani di Max e di Matt. Grazie a tutto questo, i disegni acquisiscono più tridimensionalità e anche i personaggi cominciano a essere graficamente più caratterizzati.

martedì 11 dicembre 2007

Lost in translation

Il nuovo (non riuscitissimo) film di Denys Arcand, da pochi giorni nelle sale italiane, si intitola "L'età barbarica". In Italia, s'intende. Questo è infatti il titolo sciaguratamente scelto dai distributori nostrani per assicurarsi che allo spettatore distratto non sfugga che si tratta di una pellicola dello stesso regista del popolare "Le invasioni barbariche", di cui non è però un sequel in senso stretto. Il titolo originale, "L'âge des ténèbres", faceva invece correttamente riferimento al primo medioevo, ossia al periodo storico attraverso il quale il film analizza il presente (approccio tipico di Arcand, inaugurato ne "Il declino dell'impero americano" e proseguito appunto ne "Le invasioni barbariche"). Inizialmente il film era stato annunciato come "L'età dell'ignoranza", titolo che faceva pensare più che altro a una fase adolescenziale (chiamarlo "L'età delle tenebre", o al limite "I secoli bui", era così difficile?) ma almeno evitava la ripetizione di una parola già usata nel nome del film precedente, una cosa che mi dà parecchio fastidio.

Un pasticcio simile, anche se involontario, i distributori l'avevano già combinato con la serie dei "Pirati dei Caraibi". Dopo aver 'tradotto' (si fa per dire) il primo titolo ("Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl") in "La maledizione della prima luna", eliminando il titolo-ombrello e alterando il sottotitolo, avevano scelto di chiamare il secondo ("Pirates of the Caribbean: Dead Man's Chest") "Pirati dei Caraibi: la maledizione del forziere fantasma". Come si vede, anche in questo caso oltre alla traduzione 'libera' c'è la scelta di ripetere una parola ("maledizione") che, curiosamente, scompare poi dal titolo del terzo film ("Pirates of the Caribbean: At the World's End", in italiano "Pirati dei Caraibi: Ai confini del mondo"): avevano cambiato idea? A quel punto, perché non insistere con "La maledizione ai confini del mondo"? Non solo incapaci, anche incoerenti.

A volte, a dire il vero, la parola ripetuta c'è anche nei titoli originali. Questo non elimina il problema per i soliti distributori italiani di doversi inventare nuovi titoli dopo aver sciaguratamente alterato quello del primo episodio. Dopo "Una settimana da Dio" ("Bruce Almighty"), ecco dunque "Un'impresa da Dio" ("Evan Almighty"); dopo "Il mistero dei templari" ("National Treasure"), ecco "Il mistero delle pagine perdute" ("National Treasure: Book of Secrets"); e non oso pensare cosa si inventerebbero se dovesse uscire il sequel del bellissimo "Se mi lasci ti cancello" ("Eternal sunshine of the spotless mind").

Cambiare titolo ai film, d'altronde, è un'usanza diffusa e di vecchia data per i distributori italiani. Spesso il cambiamento avviene in più fasi: ricordo ancora di aver visto nei cinema un trailer che annunciava "La lega degli uomini straordinari" ("League of the extraordinary gentlemen"), facendomi commentare con delusione la perdita del termine "gentlemen" che caratterizzava in maniera perfetta l'epoca storica e lo stato sociale dei protagonisti. All'uscita nelle sale, comunque, il titolo era stato ulteriormente appiattito in "La leggenda degli uomini straordinari". Ho detto appiattito? Mai come è capitato in tempi recenti a "Le crociate" ("Kingdom of Heaven") o a "La città proibita" ("Curse of the Golden Flower"). Ma, pensandoci bene, anche a "La tigre e il dragone" ("Crouching tiger, hidden dragon").

Il massimo del ridicolo, forse, lo raggiungono quei film il cui titolo italiano... è in inglese! Mi riferisco per esempio a "The pusher" (titolo originale: "Layer Cake") o "Sex crimes" (titolo originale: "Wild things"). Mah. A questo punto sarebbe quasi meglio lasciare sempre i titoli non tradotti, anche se io preferisco comunque una buona traduzione.

Tutto questo discorso non si limita ovviamente ai titoli recenti: se si va a rivangare nel passato si trovano famigerate nefandezze come quelle dei film di Truffaut ("La sirène du Mississipi" reintitolato "La mia droga si chiama Julie"; "Domicile conjugal" reintitolato, incredibile ma vero, "Non drammatizziamo... è solo questione di corna!"; o, all'opposto, "Les quatre cents coups" tradotto letteralmente "I quattrocento colpi", che in italiano non vuol dire nulla mentre in francese significa "fare il diavolo a quattro"). Altri celebri casi di traduzioni più o meno sciagurate riguardano "Frank Costello faccia d'angelo" ("Le samouraï" di Melville, il cui protagonista si chiama Jeff, non Frank!) e "M, il mostro di Düsseldorf" ("M" di Fritz Lang, che in realtà si svolge a Berlino!) Anche se forse, ripensandoci, chiamare un film "Il mostro di Berlino" negli anni trenta non sarà stato particolarmente indicato...

Naturalmente non mancano rarissimi casi (e sempre più rari, ormai) di film il cui titolo italiano, completamente modificato, risulta più bello, memorabile o azzeccato dell'originale: i casi più celebri vanno da "Quarto potere" a "L'attimo fuggente".

giovedì 22 novembre 2007

Mythèon, episodio 2

È online su www.mazzate.com il secondo episodio di Mythèon, la saga a fumetti da me realizzata circa vent'anni fa. Si tratta probabilmente del più debole fra i dieci capitoli che compongono la storia, visto che fa avanzare la vicenda di ben poco (stavo ancora mettendo a punto tutti i dettagli della trama), in attesa del terzo episodio con il quale si chiude il "miniciclo" introduttivo. Seguiranno poi quattro capitoli centrali più ricchi di azione e tre capitoli conclusivi con la soluzione di tutti i misteri. Da notare un maldestro tentativo di uso di retino a pagina 5 e, soprattutto, la presenza di un'altra mano nelle due vignette conclusive di pagina 8: si tratta di Matt, che illustrerà poi interamente il settimo capitolo e metà dell'ottavo.

venerdì 16 novembre 2007

Nemrod 1

Seguo e conosco (anche personalmente) Fabio Celoni da parecchi anni, sin da quando disegnava le storie di Topolino e Paperino più "gommose" che mente umana potesse concepire. Il trasferimento alla Bonelli, su Dylan Dog, ha poi dimostrato come fosse capace di lavorare anche con uno stile realistico, debitore soprattutto nei confronti di Alberto Breccia. Con questo primo albo di Nemrod, una miniserie di dodici numeri edita dalla Star Comics, ha la possibilità di uscire dalla tipica struttura della tavola bonelliana e di realizzare qualcosa che guarda molto più da vicino ai comics americani (ci sono echi persino di Frank Miller). Proprio i disegni sono la cosa migliore dell'albo: scuri, sporchi, graffianti, avvolgenti, riempiono le tavole di dettagli senza lasciare uno sfondo o uno spazio bianco, e si rivelano perfettamente in grado di caratterizzare personaggi e ambienti diversissimi fra loro, compresa una Milano oscura e gotica. Il soggetto, dal canto suo, si limita a introdurre i protagonisti di una vicenda a base di misteri esoterici, rituali e profezie, templari e alchimisti, stregonerie e combattimenti, che gli albi successivi (non disegnati da Fabio) avranno il compito di approfondire.

giovedì 15 novembre 2007

L'isola di Manhattan

Uno dei protagonisti del film "Sunshine" di Danny Boyle, per descrivere le dimensioni della bomba che i personaggi stanno trasportando sulla loro astronave, afferma: "È grande come l'isola di Manhattan". A parte l'assurdità della cosa (sia il buon senso, sia le scene successive del film dimostrano che non è così grande), non è la prima volta che in una pellicola americana sento utilizzare la suddetta isola come unità di misura. È vero che anche noi italiani a volte usiamo l'Isola d'Elba o la Sardegna come termine di paragone, ma solo riferendoci ad altre entità o territori geografici ("Un iceberg grande come l'Isola d'Elba", "Una regione grande come la Sardegna"). Mah! Possibile che non ci fosse un'alternativa da usare nell'adattamento italiano?

Ercole sposta l'isola di Manhattan
(da "Marvel Team-Up" #28, dicembre 1974)

sabato 10 novembre 2007

Mythèon, episodio 1

Si potrebbe pensare che vent'anni costituiscano un periodo di tempo sufficientemente lungo per cancellare dalla faccia della terra le tracce degli errori commessi in passato. Non sempre è così, però, se si ha una sorella che insiste per voler pubblicare sul proprio sito i dieci capitoli di una saga a fumetti da me realizzata appunto nel 1987, durante le lunghe e pesanti ore di lezione sui banchi di scuola. Se avete il gusto per l'orrido e non vi dà fastidio dover aspettare fra un capitolo e l'altro, ecco online la prima parte di "Mythèon", una storia in 124 pagine che – ve lo prometto – migliorerà gradualmente episodio dopo episodio, soprattutto grazie all'intervento alla parte grafica di due disegnatori molto più bravi di me.

venerdì 9 novembre 2007

L'eresia della scienza

Sto leggendo un saggio intitolato "L'eresia della scienza". L'autore, Alan Cromer, un insegnante di fisica teorica scomparso un paio di anni fa, sostiene che la scienza – a differenza per esempio dell'arte o della religione – non sia una parte naturale dello sviluppo dell'umanità né tantomeno un suo elemento indispensabile o fondamentale. Di più: il pensiero scientifico, descritto da Cromer come il tentativo di descrivere analiticamente il mondo che ci circonda, spiegandolo cioè oggettivamente (in contrapposizione con il pensiero associativo e la soggettività tipica dei bambini e delle culture più primitive) andrebbe addirittura contro l'inclinazione naturale dell'uomo e sarebbe sorto soltanto una volta in tutta la storia dell'umanità, nella Grecia classica, grazie a fattori storici unici. Sarebbe poi sopravvissuto per merito di Alessandro Magno che l'ha diffuso fino in oriente: mentre la "fiamma" del pensiero scientifico-oggettivo sarebbe rimasta accesa ad Alessandria prima e nel mondo arabo poi, in Europa essa sarebbe stata spazzata via dalla cultura cristiano-giudaica, caratterizzata da una mentalità soggettiva e dal fascino per il soprannaturale, per poi essere reintrodotta in Occidente soltanto con il rinascimento. Cromer analizza queste due culture (quella greca e quella ebraica) paragonandone i loro testi fondamentali: le opere di Omero (caratterizzate dalla discussione, dall'argomentazione, dai molteplici punti di vista, dalla curiosità, da divinità "umane") e la Bibbia (caratterizzata dalle profezie, dall'imposizione di una verità da non mettere mai in dubbio, dalla mancanza di analisi e razionalità).

Il pensiero scientifico, secondo Cromer, non è innato nell'uomo ma va dunque appreso: non nasce mai spontaneamente ma deve essere coltivato con un'educazione formale. Avrebbe potuto anche potuto non svilupparsi affatto, come infatti è accaduto nelle grandi civiltà della Cina, dell'India o dell'America precolombiana. L'uomo, per sua natura, tenderebbe semmai all'irrazionalità, alla superstizione, all'animismo ("l'attribuzione di aspetti del sé a oggetti ed eventi"), approcci questi sì presenti in ogni cultura, dalle più semplici a quelle moderne. Lo dimostrerebbe anche l'enorme numero di persone che ancora oggi, nelle nostre civiltà tecnologiche, sono superstiziose, credono nell'astrologia o si affidano a pratiche mediche non scientifiche (dall'omeopatia alla psicanalisi, dalla parapsicologia alla cura Di Bella), per non parlare di cartomanti o dispensatori di numeri del lotto. Cromer ha ravvisato questo comportamento persino tra i suoi studenti, che in teoria dovrebbero essere ben consci di cosa sia scientifico e cosa no. Addirittura spesso le verità scientifiche sembrano andare contro il senso comune (persino il funzionamento della forza di gravità, con cui gli uomini hanno avuto a che fare da sempre in prima persona, non è stato compreso pienamente fino ai tempi di Galileo) e talvolta non c'è modo di convincere gli scettici, nemmeno dati alla mano. L'uomo preferisce per sua natura credere alla propria verità interiore e soggettiva, mentre trova difficoltà nel superare la barriera dell'egocentrismo (in senso piagetiano: la confusione fra ciò che fa parte di noi e ciò che ci circonda) e affidarsi all'osservazione oggettiva del mondo esterno. La scienza è "eretica" rispetto alla natura "ortodossa" dell'uomo.

Il libro è stato pubblicato in una collana diretta da Giulio Giorello, che nell'introduzione esordisce citando (con tanto di vignette) una storia di Topolino! Fra i capitoli più affascinanti, ci sono quelli che ripercorrono l'origine delle diverse culture umane, l'origine delle religioni monoteiste e la loro incompatibilità con "l'indagine in modo aperto e indipendente sulle cose". L'autore cerca anche di definire cosa sia la scienza, e perché molte discipline pseudoscientifiche non lo sono, dando un'importanza fondamentale al sistema del peer review e della ricerca del consenso all'interno della comunità scientifica. Gli scienziati, afferma, non sono alchimisti che lavorano da soli e in segreto, ma devono costantemente confrontarsi con i propri colleghi.

Ecco alcuni passaggi più o meno curiosi (alcuni decisamente divertenti, all'interno di un testo comunque serio) che ho voluto annotarmi:

-"Ogni qual volta comincio le lezioni in una classe di nuovi allievi, devo constatare che la mente umana non è stata concepita per studiare la fisica".
-"Sebbene io sia un fisico teorico, ho imparato dai miei colleghi che si occupano di fisica sperimentale che è molto semplice costruire un doppio pendolo: basta chiedere al nostro tecnico Dick Ahlquist di farne uno".
-"Tutti i capi spirituali che sono vissuti presso popolazioni che conoscevano la scrittura – Mosè, il Buddha, Gesù, Maometto, Smith – hanno basato i loro insegnamenti su visioni personali che essi ritenevano di origine soprannaturale".
-"Tutti i bambini sono animisti, e l'animismo continua per tutta la vita, a meno che venga saldamente controllato da una guida culturale contraria".
-"Gli esseri umani, dopo tutto, amano credere agli spiriti e agli dei. La scienza, che chiede loro di vedere le cose per come sono e non per come essi credono che siano, mina una delle passioni primarie dell'uomo".

mercoledì 31 ottobre 2007

Tolomeo al "Milionario"

Si parla spesso della diffusa ignoranza in campo scientifico negli Stati Uniti, ma anche in Europa non si scherza. Guardate cosa è accaduto durante l'edizione francese del noto quiz televisivo "Chi vuol essere milionario":


La cosa più divertente (o deprimente) non è soltanto l'ignoranza del concorrente, ma il fatto che oltre la metà del pubblico lo ha "aiutato" dando la risposta sbagliata! Per tacere, poi, di quel 2% di buontemponi che ha detto che Marte gravita intorno alla Terra...
Su YouTube si trovano altre divertenti gaffe di concorrenti di questo quiz: questo e questo sono esempi di eliminazioni alla prima o alla seconda domanda (quelle, in teoria, più facili). Qui c'è un concorrente che ha usato tutti e tre gli aiuti per una sola domanda, riuscendo poi a sbagliarla lo stesso! E non mancano casi italiani (vedi questo, questo oppure questo).
In compenso, c'è anche chi sa vincere con classe.

martedì 16 ottobre 2007

Volto Nascosto 1

È uscito il primo numero di Volto Nascosto, la nuova miniserie a fumetti edita da Sergio Bonelli e scritta da Gianfranco Manfredi, già autore di quella che ritengo la miglior testata italiana degli ultimi dieci anni: Magico Vento. Con una durata prevista di quattordici albi, la collana è caratterizzata da un'ambientazione piuttosto insolita e forse inedita per il fumetto popolare italiano: la serie si svolge infatti a fine ottocento fra l'Eritrea e l'Italia, e dunque affronta un periodo della storia italiana, quello coloniale, molto trascurato (anche a scuola) ma decisamente interessante. A metà strada fra un kolossal epico alla "Lawrence d'Arabia" e un melodramma da opera lirica, la serie ha anche un'altra particolarità, la coralità: il personaggio del titolo, un misterioso condottiero arabo che indossa una maschera metallica, non è infatti il protagonista anche se la vicenda ruota comunque intorno a lui. Dei tre personaggi che compaiono nel frontespizio, invece, soltanto uno – il giovane Ugo Pastore, impiegato di una compagnia commerciale italiana che fa affari in Africa – è presente in questo primo albo. Il primo numero mi è piaciuto molto, anche grazie ai disegni dell'ottimo Goran Parlov: Manfredi è bravo nella ricostruzione storica e nel caratterizzare tutti i personaggi, anche quelli minori. I suoi dialoghi non sono mai banali e le situazioni sempre interessanti. Se aggiungiamo un promettente uso della continuity e un sapiente dosaggio fra descrizioni e colpi di scena, il risultato è un fumetto avventuroso sicuramente al di sopra della qualità media bonelliana e soprattutto molto superiore al deludentissimo Brad Barron di Tito Faraci, che era stato la prima di queste nuove miniserie bonelliane.

giovedì 11 ottobre 2007

Fermi e Galileo

Cosa sarebbe successo se due dei più grandi scienziati italiani, Enrico Fermi e Galileo Galilei, vissuti in epoche diverse, si fossero incontrati?

Fermi e Galileo

mercoledì 10 ottobre 2007

Si comincia! (Part 2)

Un anno e mezzo fa inauguravo il mio primo blog, Tomobiki Märchenland, prevedendo di scriverci non solo di cinema ma anche di altro: dei libri o dei fumetti che leggo, per esempio, oppure di scienza (dopo tutto sono laureato in Fisica) o di umorismo (quale posto migliore per esporre alla gogna pubblica le tante battute e freddure che mi vengono in mente?). Poi, invece, TM si è cristallizzato nei suoi contenuti cinematografici. Ecco allora che mi è venuta voglia di aprire un nuovo spazio nel quale sentirmi libero di scrivere un po' di tutto. Speriamo bene, e stay tuned!