giovedì 31 agosto 2017

Mercurio Loi 4

Giunti al quarto numero, si può ormai dire per certo che "Mercurio Loi" è una delle più belle sorprese degli ultimi anni nel campo del fumetto bonelliano. Quella che sembrava all'inizio una semplice rilettura di Sherlock Holmes, ambientata però nella Roma di inizio ottocento, si è rivelata molto di più: gli intrecci gialli lasciano spazio spesso e volentieri all'approfondimento psicologico dei personaggi, i due protagonisti in primis, che nel giro di pochi albi hanno già acquistato una personalità quanto mai originale e stimolante. L'ambientazione storica è funzionale sì alle vicende narrate ma si presta anche a fare da sfondo a riflessioni filosofiche (che sfiorano anche la politica e la religione) senza costrizioni di tempo. La scrittura di Alessandro Billotta è multiforme, stratificata, suggestiva, a tratti diretta e a tratti enigmatica, imbastisce inganni e svela misteri con una capacità di racconto in grado di soddisfare il palato del lettore più esigente anche e soprattutto perché non ne insulta l'intelligenza, offrendo semmai numerose chiavi di lettura e stimoli a una rilettura immediata del numero appena concluso. Straordinario, per esempio, il gioco in atto sui cliché del supereroe (Mercurio e Ottone come Batman e Robin). Dei disegni non ci si può certo lamentare, avendo visto all'opera finora fior di professionisti come Matteo Mosca, Giampiero Casertano, Onofrio Catacchio e Sergio Gerasi, alle prese con sceneggiature che suggeriscono talvolta trovate grafiche (quasi) mai viste prima in un fumetto bonelliano (le vignette mute che illustrano sapori o sensazioni, per esempio). I colori, a forte rischio di rivelarsi il punto debole dell'intera operazione, migliorano numero dopo numero. Ma al di là di tutte queste parole, basterebbe la lettura di un albo delizioso come questo numero 4, attualmente in edicola, per vincere le ultime resistenze, una spiazzante avventura culinaria che grazie alla ricchezza delle sue sfumature che potrebbe accontentare qualsiasi gusto: dagli appassionati di fumetto d'autore in stile Gipi a coloro che sguazzano nella bédé franco-belga. Un numero che profuma di pietanze della cucina popolare romana ma anche di acutissime sfide intellettuali, con personaggi mai scontati o prevedibili, con una premessa semplice e una risoluzione commovente. La genialità dello Sclavi dei primissimi "Dylan Dog" sembra aver davvero trovato un erede. Speriamo soltanto che le vendite mantengano a lungo in edicola quella che sta promettendo di diventare una delle serie bonelliane più belle di sempre.