domenica 1 gennaio 2017

Il 2016 al cinema

Nel corso del 2016 ho visto 53 film al cinema. Forse è mancato il capolavoro assoluto, ma ci sono state diverse buone pellicole. A cominciare dalle tre che si giocano il mio personale primo posto, il poetico e minimalista "Paterson" di Jim Jarmusch, il dramma morale "Un padre, una figlia" del rumeno Cristian Mungiu e il thriller psicologico "Animali notturni" di Tom Ford. Molto bene anche l'intenso "Room" di Lenny Abrahamson, l'interessante "Remember" di Atom Egoyan, l'avventuroso "Revenant – Redivivo" di Alejandro González Iñárritu e l'originale cartoon in stop motion "Anomalisa" di Charlie Kaufman. Dai festival si sono segnalati in particolare "Neruda" di Pablo Larraìn, "È solo la fine del mondo" di Xavier Dolan, "Frantz" di François Ozon, "Godless" di Ralitza Petrova, "Les Ogres" di Léa Fehner, "The woman who left" di Lav Diaz (vincitore a Venezia), e "Il cittadino illustre" di Gastón Duprat e Mariano Cohn. Ricordo poi il cartoon Pixar "Alla ricerca di Dory" e il documentario "Lo and Behold" di Werner Herzog.

A metà nella mia classifica di gradimento spiccano il western "The hateful eight" di Quentin Tarantino, un paio di cartoni osannati dalla critica come "La mia vita da Zucchina" di Claude Barras e "Zootropolis" della Disney, e il supereroistico nostrano "Lo chiamavano Jeeg Robot" di Gabriele Mainetti (che ritengo leggermente sopravvalutato, ma resta comunque il miglior film italiano del 2016). Non mi sono dispiaciuti nemmeno i blockbuster "Rogue One: A Star Wars story" di Gareth Edwards, "Doctor Strange" di Scott Derrickson (il miglior Marvel movie dell'anno) e "Batman v Superman: Dawn of Justice" di Zack Snyder (qui vado controcorrente, lo so). Complessivamente bene, ma non all'altezza dei loro film migliori, autori come Pedro Almodovar ("Julieta"), Ken Loach ("Io, Daniel Blake", vincitore un po' a sorpresa a Cannes), Asghar Farhadi ("Il cliente") e Andrei Konchalowsky ("Paradise"). Collocherei più o meno qui anche tutta una serie di film da festival, come "Un re allo sbando" di Peter Brosens e Jessica Woodworth, "Agnus dei" di Anne Fontaine, "Captain Fantastic" di Matt Ross, "L'effetto acquatico" di Solveig Anspach, "Nahid" di Ida Panahandeh, "Une vie" di Stéphane Brizé, "The Lure" di Agnieszka Smoczynska, "Macbeth" di Justin Kurzel, "Stefan Zweig: A farewell to Europe" di Maria Schrader.

E veniamo alle note dolenti. Mi ha parzialmente deluso "The neon demon" di Nicolas Winding Refn, e non mi hanno affatto entusiasmato "Il ponte delle spie" di Steven Spielberg e "Sieranevada" di Cristi Puiu. Nulla di cui stracciarsi le vesti nemmeno per "Tokyo love hotel" di Ryuichi Hiroki, "La stoffa dei sogni" di Gianfranco Cabiddu, e per i cartoon "Pets – Vita da animali" e il canadese "Palle di neve – Snowtime!". Encefalogramma piatto per tanti prodotti hollywoodiani tutto fumo e niente arrosto ("Captain America: Civil War" di Anthony e Joe Russo, "X-Men: Apocalisse" di Bryan Singer, "Star Trek Beyond" di Justin Lin, "I magnifici sette" di Antoine Fuqua). Infine, il peggio dell'anno: pollice decisamente verso per lo stereotipato "Fiore" di Claudio Giovannesi, il polpettoso "La luce sugli oceani" di Derek Cianfrance, l'ahimè noiosissimo "The assassin" di Hou Hsiao-Hsien (forse la maggior delusione dell'anno viste le aspettative), lo scontato "Carol" di Todd Haynes (una mia idiosincrasia personale), il pretenzioso "Le confessioni" di Roberto Andò e l'inutile (in 3D!) "Les beaux jours d'Aranjuez" di Wim Wenders.